martedì 29 luglio 2014

Corro perché mia mamma mi picchia

“C’è chi corre per dimagrire e chi corre per fuggire, c’è chi corre per amore e chi corre col dolore, c’è chi corre per viaggiare e chi corre per tornare. Io corro perché mia mamma mi picchia.
Da bambino, per fuggire dalle ciabattate di mia mamma, avevo acquisito uno scatto che mi ha portato alle medie a essere il più veloce della scuola nei 60 metri piani. Poi mia mamma ha smesso di inseguirmi e io ho perso il mio smalto nella velocità.
Mi sono dato ad altri sport, poi, a cinquant’anni, ho ricominciato a correre”.

Inizia così il libro che segna il debutto come scrittore di Giovanni Storti, personaggio che siamo abituati a vedere all’interno del mitico trio Aldo, Giovanni e Giacomo. Insieme a Franz Rossi, amico e compagno di corse, ci racconta di maratone, di amicizia e di viaggi.

È un libro leggero, che si finisce in poco tempo, ma che mette una gran voglia di indossare un paio di scarpe da ginnastica e uscire a correre. Come specificano gli autori, non è un manuale per esperti o scritto da esperti, ma vi si trovano comunque degli ottimi consigli pratici che derivano dalla loro esperienza e, soprattutto, dai loro errori. Un insieme di racconti che narrano le loro avventure podistiche in modo piacevole e ironico, con appassionanti descrizioni dei luoghi in cui si svolgono le gare.

Personalmente l’ho trovato molto carino e avvincente, e mi sento di consigliarlo anche alle persone non appassionate di corsa; in alcuni tratti, infatti, sembra più una Lonely planet che un libro sulla corsa. Unico neo: più che un libro scritto a quattro mani, è un intreccio di storie raccontate un po’ da Giovanni e un po’ da Franz, i quali non hanno sentito la necessità di specificare l’autore di capitolo in capitolo, cosa che, secondo me, avrebbe reso la lettura più scorrevole. 

mercoledì 23 luglio 2014

Self-talk: il potere di ciò che ci diciamo

Il dialogo interiore (self-talk), ovvero tutto quello che diciamo a noi stessi e quello che pensiamo, è uno degli elementi di cui proprio non ci possiamo liberare. In più, in virtù dell’unione mente-corpo, la nostra voce interiore influenza in maniera significativa le nostre reazioni fisiche ed emozionali. A chi non è mai capitato, per esempio, di ripensare al primo bacio ed avere un tuffo al cuore?

Il lato positivo della questione sta nel fatto che possiamo rendere utili e produttive le “chiacchierate” con noi stessi. Per fare ciò è necessario, innanzitutto, essere consapevoli delle proprie reazioni interne alle circostanze (cosa penso quando succede quella cosa? cosa mi dico?) e, in secondo luogo, trasformare i pensieri che ne derivano a vantaggio nostro, in modo tale che mi permettano di modificare la mia interpretazione della realtà e, di conseguenza, le mie risposte corporee.

Un semplice esercizio per capire meglio il self-talk: la prossima che ti alleni continua a ripetere durante gli esercizi: "Non ce la faccio, mi fanno male i muscoli, sono stanco, non devo mollare". Alla fine dell’allenamento prova a chiederti come ti senti. Nell’allenamento successivo continua a dirti: "Sono forte, mi sento bene, sono tonico, ce la faccio". Come ti senti in questo caso?

Provare per credere!

Foto: Google immagini

martedì 15 luglio 2014

Brasile 2014

Vorrei dedicare il post di questa settimana ad una foto, perché, come sappiamo, spesso dice molto di più un’immagine di mille parole.

Parlando da tifosa dello sport sano e portatore di valori, per me questa foto rappresenta il momento e il gesto più belli e commoventi di questo mondiale appena concluso.

Che ne dite? Chi è d'accordo con me?

Jemes e Ruiz
Dopo la sconfitta della Colombia, i giocatori brasiliani consolano James Rodriguez e Luiz lo indica, a dire che è comunque un campione















Foto: Google immagini

mercoledì 9 luglio 2014

I rituali nello sport

Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore…Ci vogliono i riti. Anche questa è una cosa da tempo dimenticata”.*

Così diceva la volpe al piccolo principe. "Ci vogliono i riti", i rituali, quelle azioni e quei pensieri che ci preparano ad un circostanza, che ci rendono pronti per quella situazione.

Nello sport con il termine rituale si intendono tutti quei comportamenti che aiutano a portare l'attenzione al momento presente: che sia in allenamento, in gara o sul match point, quel particolare gesto porta a concentrarsi su quello che si sta facendo o che si sta per affrontare.  

Può essere preparare la borsa in un dato modo o fare quel particolare movimento in quel determinato istante, il rituale è comunque un comportamento fondamentale nello sport. Aiuta a restringere il campo di attenzione ed a concentrarsi, ed è un modo per far capire alla mente e al corpo ciò che sta per succedere, in modo tale che essi possano rispondere in maniera adeguata. Attraverso il rituale l'atleta dice a se stesso: "Sono pronto".

Non si tratta, però, di scaramanzia, il rituale è un gesto che sfrutta le nostre capacità di condizionamento: come i cani di Pavlov al suono del campanello erano pronti a mangiare, anche l'atleta dopo il suo rituale è pronto per la gara, fisicamente e psicologicamente.


*tratto dal libro “Il piccolo principe” di A. de Saint-Exupéry

Immagine da Google immagini

giovedì 3 luglio 2014

Fermiamoci a riflettere...con alcune domande

Nei giorni scorsi ho partecipato ad alcuni incontri formativi destinati ad allenatori ed a genitori di giovani talenti di sport diversi.

Molte sono le figure che entrano in relazione con l'atleta, ma forse queste due sono le più importanti e le più significative per la sua crescita come sportivo e, soprattutto, come persona.

Ci sono un milione di argomentazioni su come dovrebbero essere i rapporti fra atleta, genitore e allenatore, ma vorrei, innanzitutto, soffermarmi su alcune semplici domande che ci siamo posti durante gli incontri.

Forse, a volte, sono le cose più semplici che ci sfuggono e prendersi un minuto per riflettere su questi piccoli dettagli può aiutarci a migliorare il nostro rapporto con il piccolo “campioncino”, sia che siamo dei genitori, sia degli allenatori.

Ecco alcune domande che dovremmo porci più spesso:
  • È felice dopo un allenamento o una gara?
  • Quali sono i suoi obiettivi e le sue aspettative?
  • Come vive gli impegni sportivi?
  • Quali miglioramenti ha fatto nell'ultimo periodo?
  • Come affronta i momenti di difficoltà?
  • Quali sono i rapporti con i suoi compagni di squadra?