martedì 26 maggio 2015

Un pizzico di Mindfulness

Nel precedente articolo abbiamo parlato di consapevolezza, della sua importanza e di due tecniche pratiche per aumentarla. Ma non si può parlare di consapevolezza senza fare un accenno alla Mindfulness, che è un particolare modo di fare attenzione al presente in modo intenzionale e non giudicante. Tale approccio deriva e si basa su una delle principali tradizioni meditative del buddhismo classico, la meditazione sulla consapevolezza.

Una caratteristica della Mindfulness è che, non essendo una disciplina o tecnica di rilassamento o una forma di trance, bensì un’esperienza, uno stato mentale e un modo di stare nel qui ed ora, è molto più facile provarla che spiegarla.

Vi propongo, quindi un esercizio che potete fare in ogni momento della giornata e che prevede un’attività di tutti i giorni, ovvero la camminata.

Provate a mettervi in piedi lasciando i piedi paralleli alle anche e stando fermi sentite il vostro peso, la forza di gravità che vi spinge verso il basso poi ascoltate il vostro respiro. Come’ è ora? È lento? Veloce? Come sono le pause tra un respiro e l’altro? E quando siete pronti iniziate lentamente a portare un piede in avanti, scegliete voi se il sinistro o il destro, e state attenti ad ogni movimento, sensazione che avete mentre fate questo spostamento. Sollevando prima il tallone poi la punta del piede e portando il piede in avanti per poi appoggiare prima il tallone e poi la punta. Sentite le sensazioni e il vostro respiro.

Poi proseguite con l’altra gamba nello stesso modo. 

Ogni volta che vi arrivano dei pensieri nella vostra mente che non riguardano la camminata e dunque il momento presente, accoglieteli senza giudizio e lasciateli andare per poi riportare l’attenzione su quello che ora state facendo.

Non è importante il percorso che scegliete per fare la vostra camminata, ciò che è rilevante è l’atteggiamento mentale, l’attenzione ai passi o ai passi e al respiro.


Fonti: 

Immagine: Google immagini

martedì 12 maggio 2015

Due tecniche pratiche per sviluppare la consapevolezza di sè

Avere consapevolezza di sé (self-awareness) significa avere conoscenza e percezione dei propri:

-    Punti di forza e punti di debolezza
-    Pensieri, emozioni e comportamenti
-    Motivazioni
-    Abitudini
-    Valori e credenze

In un lavoro di preparazione mentale sviluppare una buona consapevolezza di sé è fondamentale per aiutare l’atleta a costruire un forte senso di autoefficacia e una sana autostima. Al tempo stesso aiuta a prendersi la responsabilità delle proprie azioni, così come a migliorare la capacità di prendere decisioni.

Inoltre la consapevolezza di sé non è importante solo per avere successo nello sport, ma anche per molti altri ambiti della vita, quali il lavoro, la scuola e la famiglia.

Ecco due tecniche pratiche per sviluppare la consapevolezza di sé:

IMPARARE A FARE ATTENZIONE ai nostri pensieri, sentimenti e comportamenti; essere più consapevoli e più focalizzati sul momento presente. Un semplice esercizio che tutti possono provare è quello di chiudere gli occhi e osservare il proprio respiro: il ritmo, la profondità, le variazioni nel tempo…
“Se sei depresso stai vivendo nel passato, se sei ansioso stai vivendo nel futuro, se sei in pace stai vivendo nel presente” (Lao Tzu)


LAVORARE SUI PUNTI FORTI E SUI PUNTI DEBOLI (personalmente preferisco chiamarli AREE DI MIGLIORAMENTO): diventare consapevoli di quali sono; di come è possibile sfruttare le nostre abilità migliori e di come possiamo limitare e migliorare le nostre debolezze. È importante anche riflettere su quali possono essere le possibilità, le opportunità che abbiamo, ma altrettanto sui possibili ostacoli e difficoltà da superare.


Immagine: Google immagini

martedì 5 maggio 2015

Divertirsi con lo sport è la miglior dieta

Sull’ultimo numero di Psicologia Contemporanea (mag-giu 2015) ho trovato un interessante articolo che riporta due ricerche svolte in Francia e negli Stati Uniti.

In entrambi gli studi venivano formati due gruppi e il compito per entrambi era quello di marciare per mezz’ora, ma venivano date due consegne differenti: al primo gruppo veniva chiesto di fare una mezz’ora di allenamento, mentre al secondo veniva detto soltanto di godersi la camminata. Al termine della prova tutti i partecipanti erano invitati ad buffet dove potevano servirsi a piacere (nell’esperimento francese si trattava di buffet completo di primi, secondi e dessert, mentre in quello statunitense vi era un grosso distributore di M&M’s da cui attingere liberamente).

In entrambi i casi le persone che avevano camminato mezz’ora come allenamento (a parità di km percorsi e calorie bruciate) mangiavano in misura maggiore rispetto a chi si era goduto l’attività e aveva camminato solo per il piacere di farlo. La spiegazione data dai ricercatori? Le persone si premiano per lo sforzo compiuto e tendono a concedersi maggiori sgarri nell’alimentazione. Al contrario coloro che vedono lo sport o l’attività motoria come qualcosa già di per sé gratificante non hanno bisogno di queste compensazioni.

Quindi, quando andiamo a camminare o a correre godiamoci i paesaggi, gli alberi in fiore (o la neve se è inverno), il momento che ci siamo presi solo per noi. Se andiamo in palestra ascoltiamo della buona musica che possa favorire in noi uno stato d’animo positivo. Quando facciamo cyclette guardiamo un video o leggiamo un libro.

Insomma cerchiamo di vivere l’attività motoria come qualcosa di piacevole, senza pensare troppo a calorie smaltite, km percorsi o grassi bruciati, eviteremo così le abbuffate post allenamento che giustifichiamo facilmente con un ”tanto oggi mi sono allenata”.

C. Werle, B. Wansink, C. Payne (2014), “Is it fun or exercise? The Framing of physical activity biases subsequent snacking”, Marketing Letters.

Foto: Google immagini