L’allenatore è il centro di
unità e di coesione per il gruppo, deve
saper essere un modello per gli
atleti e riuscire a creare uno stato d’animo sereno all’interno del team. Come
dicevamo nell’articolo precedente si occupa di definire il programma da seguire e di permetterne la sua attuazione, e, infine,
rappresenta la squadra tenendo sotto
controllo le relazioni interpersonali fra i vari atleti. In una parola, deve
essere un leader.
All’interno di un gruppo, il
leader è quella persona che è in grado di influenzare
positivamente gli altri in modo da aumentare la loro volontà ad impegnarsi per
la realizzazione di obiettivi comuni.
Perché questo processo di influenza sia realmente efficace, il leader deve
essere prima di tutto riconosciuto come
tale dagli altri. Quindi la leadership
non dovrebbe essere imposta dall’alto, ma è una caratteristica che nasce e si
sviluppa all’interno di un gruppo, in base alle caratteristiche del gruppo
stesso.
Alcuni autori hanno analizzato
i processi cognitivi e affettivi che intercorrono tra il comportamento dell’allenatore e la reazione dell’atleta. I consigli che derivano da tali studi sono
quelli di focalizzarsi sul divertimento
e sul rinforzo, sull’incoraggiamento
nel momento dell’errore e su istruzioni tecniche e correttive; ritengono
inoltre importante gestire in maniera appropriata le punizioni e i comportamenti rigidi.
Essi sostengono che queste
piccole attenzioni nel comportamento dell’allenatore portano a risultati positivi nella relazione,
quali la riduzione della distanza fra allenatore e atleti, e ad una percezione più positiva del coach.
“Un allenatore dovrebbe avere la volontà di cambiare il proprio carattere,
se la sua squadra ha bisogno di un tale cambiamento”
J. Velasco
Foto: Google immagini
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