Come dicevamo nell’articolo “Chi è l’allenatore?”, il tecnico deve essere, prima di tutto, un educatore e un formatore. Insieme a genitori e ad insegnanti è, infatti, una figura fondamentale per lo sviluppo dell’atleta,
sia come sportivo sia come persona.
Il coach è la figura di
riferimento dentro il campo (“campo”
inteso come luogo dove si pratica la disciplina scelta) e si occupa dello sviluppo
delle competenze individuali dell’atleta,
da quelle fisiche e sportive a quelle cognitive e relazionali.
Occuparsi di più sportivi, spesso
con età, sesso o livelli differenti, porta l’allenatore a confrontarsi con molte individualità e a dover, quindi, plasmare
il proprio modo di relazionarsi in base alla persona che ha di fronte. Non esiste,
infatti, un metodo unico e perfetto di allenare, esistono atteggiamenti diversi per persone e luoghi differenti.
Il tecnico, inoltre, dovrebbe
(pre)occuparsi di tenere alta la motivazione
al gioco, in quanto senza di essa non vi è apprendimento
e, probabilmente, neppure divertimento.
Fondamentale quest’ultimo soprattutto (ma non solo) se si tratta di atleti
giovani: il momento sportivo dev'essere un momento piacevole, con obiettivi chiari, esercizi diversificati e momenti
di competizione, ma anche di gioco.
Non dimentichiamoci, infine, che
se l’allenatore è la figura educativa dentro il campo, il genitore lo è fuori da esso, in un continuum formativo che dovrebbe
prevedere momenti di confronto e di
scambio di idee. Gli incontri con i genitori, spesso sottovalutati, possono
facilitare il lavoro all'allenatore e migliorare il rapporto fra le varie
figure che girano attorno all'atleta, il quale indirettamente ne trarrà
certamente un vantaggio.
Foto: Google immagini
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