Nonostante lo psicologo
dello sport sia una figura sempre più conosciuta anche in ambito italiano,
ancora oggi, quando affermo di lavorare come psicologa in ambito sportivo, ricevo risposte di questo genere:
“Hanno così tanti problemi gli
atleti?”
“Di che problemi vengono a
parlarti gli atleti?”
“Gli aiuti a non pensare ai loro
problemi così giocano meglio!” (giuro che me l’hanno chiesto!)
Purtroppo alla parola “psicologo” si associa sempre il termine “problema”, anche se, come nel caso della psicologia dello sport, ma
non solo, i problemi non sono il
punto centrale del percorso.
Lo psicologo
clinico o lo psicoterapeuta, per
intenderci, quello che tutti immaginano con il lettino nello studio (anche se ormai solo in pochi lo hanno per
davvero), è una figura che effettivamente lavora sulle problematiche e sulle difficoltà
che il cliente porta in terapia. Nonostante questo a noi psicologi piace molto
di più parlare di crescita personale
e miglioramento dello stato di salute,
anziché di problemi da superare...una prospettiva
un po’ diversa!
Se si parla di psicologo
sportivo la questione cambia ancora, poiché non si parla tanto di
difficoltà da affrontare, ma di abilità
da potenziare. Quello che interessa allo psicologo che lavora con l’atleta
non è tanto risolvere i suoi problemi (che ci possono essere come no), ma
quello di accrescere, tramite l’allenamento mentale, tutte quelle abilità che gli sono utili per dare il
meglio di sé. Per esempio, se un atleta mi parla della sua ansia eccessiva subito prima di una prestazione, il mio obiettivo
non sarà quello di eliminare quest’ansia, bensì quello di allenare l’atleta a
sviluppare la capacità di gestirla.
Quindi anche se le difficoltà le hanno anche gli atleti
(in quanto esseri umani) in un percorso di allenamento
mentale l’attenzione non è tanto su queste difficoltà, quanto sul miglioramento e sull’incremento delle abilità mentali necessarie alla miglior performance.
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