Nell’articolo precedente
abbiamo parlato dell’esperienza di flow,
quella condizione psicofisica in cui
si è totalmente immersi in ciò che si sta facendo, in cui c’è una focalizzazione dell’attenzione sul compito e un distacco dagli stimoli esterni non rilevanti in quel
momento.
Durante questa esperienza,
oltre a non accusare la stanchezza,
si sviluppano percezioni eccezionali e
superiori rispetto alla normalità, che permettono di raggiungere la miglior prestazione (peak performance).
Lo studioso M. Csikszentmihaly, attraverso l’osservazione di persone creative
(musicisti, scrittori, pittori..), ha individuato alcune
condizioni che sembrano caratterizzare lo stato di Flow:
- Concentrazione e focalizzazione totale su ciò che si sta facendo;
- Senso di ecstasy, inteso come essere fuori dall’ordinario;
- Senso di chiarezza: sapere cosa bisogna fare e come bisogna farlo (obiettivi chiari);
- Sapere che l’attività che si
sta facendo è fattibile, nonostante
sia difficile, le abilità possedute
sono adeguate al compito;
- Senso di serenità: nessuna preoccupazione e sensazione di andare oltre i
propri limiti;
- Perdita del senso del tempo: ci si dimentica di se
stessi e ci si sente parte di qualcosa di più grande (“l’esistenza è
temporaneamente sospesa”)
- Motivazione intrinseca: l’azione che sto svolgendo è
gratificante e soddisfacente e vale la pena di essere fatta solo per il gusto
di farla.
Conoscere e riconoscere questi elementi ci permette di lavorare sul nostro
personale stato di Flow, con lo
scopo di riprodurre le condizioni che favoriscono il suo insorgere e il suo mantenimento.
Esso, infatti, non essendo uno stato fisso, ma un “continuo fluire” (G. Vercelli) va continuamente adattato ai cambiamenti esterni (mossa imprevista
dell’avversario, variazioni climatiche…) e interni
(aumento dell’acido lattico, variazione del battito cardiaco…).
Foto: Google immagini
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