Abbiamo parlato del flow (letteralmente “flusso”), degli elementi che lo caratterizzano e della
sua importanza nel creare quello stato ottimale che permette alla
persona di esprimersi al meglio
delle sue potenzialità, ovvero di
mettere in campo una prestazione
eccellente.
La peak performance è proprio quella prestazione in cui l’atleta, il
musicista o qualsiasi altra persona impegnata in un compito significativo,
riesce ad esprimere tutto il suo potenziale
(e anche di più!): è una specie di “momento
magico” in cui tutto funziona alla perfezione,
sia a livello mentale sia sul piano fisico.
In ambito sportivo fra gli obiettivi del mental training c’è anche quello di riuscire a riprodurre lo stato di flow (flusso) con lo scopo di avere accesso
alla peak perfomance. Come dice la
parola stessa, il flow non è una
condizione stabile, ma un “continuo
fluire” (G. Vercelli) che va costantemente adattato alle condizioni esterne
(mossa imprevista dell’avversario, variazioni climatiche…) ed interne (aumento dell’acido lattico,
variazione del battito cardiaco…).
Uno dei metodi adottati
in psicologia dello sport per lavorare
sul flow, e sulla possibilità di
riprodurlo, è la visualizzazione,
utilizzata per rievocare mentalmente
un episodio sportivo andato
particolarmente bene.
Tale ricostruzione deve essere il più precisa possibile: l’intento è quello
di recuperare, anche con l’aiuto del ModelloPETTLEP, comportamenti, movimenti,
sensazioni ed emozioni associati a tale momento
per permettere la rappresentazione della competizione futura proiettando i vissuti
si soddisfazione e di successo recuperati e collegati alla prestazione ideale. È come se permettessimo
al cervello di avere una preview, un’anticipazione
di quello che avverrà durante la gara,
in modo tale da ridurre gli elementi sconosciuti
e imprevisti.
Foto: Google immagini
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