Negli ultimi tempi il fenomeno
dell’abbandono nello sport giovanile è sempre più diffuso, a
favore di una vita sedentaria colma
di tecnologie e di social network.
In questo contesto è
importante capire le ragioni che favoriscono
il giovane a continuare ad allenarsi
e mantenerle attive nel tempo, mentre spesso si pone maggiormente l’attenzione
sull’individuare le motivazioni che
spingono all’abbandono di uno sport.
Bambini di età diversa hanno esigenze e spinte motivazionali molto differenti ed è fondamentale che
l’ambiente sportivo sia focalizzato sulla conoscenza
ed il rispetto degli stadi di sviluppo.
5-10 anni: i bambini di quest’età si avvicinano allo sport per divertirsi, per scaricare energia, per sperimentare
il proprio corpo e per trarre piacere
dall’attività motoria attraverso il gioco.
Non sono in grado di pensare a cose astratte, cercano ciò che è reale, concreto, senza fissarsi degli
obiettivi futuri, ma cercando di essere felici
nel presente. Fare richieste che non rispettano questa fase di sviluppo
porta a delusioni e frustrazioni che il bambino non sa
ancora gestire.
11-14 anni: inizia a crearsi il pensiero astratto e quindi la capacità di porsi degli obiettivi che vadano oltre il momento presente, c’è il
desiderio di vedere fino a dove si può arrivare. Inoltre, al contrario del
bambino piccolo, a quest’età si comincia a capire l’importanza della collaborazione con i compagni di
squadra e della necessità di fare degli
sforzi per migliorare.
15-20 anni: durante l’adolescenza si comincia ad instaurare il pensiero adulto, è il momento di
transizione fra la dipendenza dai
genitori e l’autonomia. In questo
senso il gruppo sportivo favorisce nel giovane la socializzazione esterna alla famiglia e la formazione di una personalità propria dell’atleta.
Nel prossimo articolo
approfondiremo i principali fattori
motivazionali emersi da una serie di ricerche.
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Foto: Google immagini
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